La disabilità intellettiva relazionare e il tiro con l’arco dal nostro punto di vista

11.01.2025

La disabilità intellettiva e relazionale è una patologia irreversibile di natura genetica (sindrome di Down) o biologica. Le cause biologiche possono originarsi in diversi momenti della vita: prima della nascita (cause prenatali), durante il parto (prematurità, asfissia), patologie post-parto (encefaliti, meningiti, traumi cranici). Le maggiori patologie che causano disabilità intellettiva e relazionale sono le encefaliti infantili, la Sindrome di Down e l'autismo.

La disabilità intellettiva comporta, nella maggioranza dei casi, alcune malattie psichiatriche come ad esempio psicosi, depressione, disturbi della condotta, disturbi dell'ansia, disturbi affettivi, deficit dell'attenzione e iperattività.

Queste patologie sono certamente fonte di difficoltà, ma in Italia l'inclusione sociale delle persone con disabilità intellettiva e relazionale sta osservando un notevole miglioramento. Il nostro paese sta finalmente superando, un po' alla volta, i pregiudizi che, purtroppo, alcuni decenni fa emarginavano i disabili sugli ultimi gradini della società. Grazie all'aiuto delle numerose associazioni che lottano e lavorano per aumentare la qualità della vita delle persone con disabilità fisiche e mentali, oggi moltissimi bambini, ragazzi e adulti imparano a vivere da soli, cucinare, accogliere gli ospiti, svolgere alcune mansioni lavorative, praticare uno sport regolarmente e farsi amare in tutta la loro meravigliosa unicità.

Sino al 2020 per tutti i disabili di questo tipo era impossibile praticare il tiro con l'arco, se non in modo puramente ludico e senza nessuna copertura assicurativa, ma grazie al protocollo di intesa siglato tra FITARCO e FISDIR si è riusciti, per la prima volta, a creare un'opportunità enorme per tutti questi splendidi ragazzi che riescono a restituirti sempre più di quel che ottengono.

Il percorso intrapreso presso la nostra società è iniziato nel 2021 con l'arrivo del nostro primo atleta, un ragazzone di un metro e novanta per 100 Kg.

Da premettere che non c'era stata ancora formazione specifica da parte delle federazioni in quanto si stava ancora studiando il protocollo di insegnamento e di formazione sia per atleti che per istruttori.

Vien da sé che la sfida che avevamo innanzi era tutto fuorché semplice, ma la passione per lo sport e la voglia di inclusività hanno vinto ogni titubanza e ci hanno dato la forza per iniziare questa avventura.

Il primo scoglio da superare è stato la comprensione della disabilità, cosa non semplice per chi aveva solo una conoscenza marginale delle peculiarità che ci sono dietro, ma per fortuna dei grandi genitori ci hanno aiutato nel primo approccio all'attività. Questo tipo di disabilità crea tanti pregiudizi soprattutto nell'ambito dell'insegnamento, si è portati a credere di aver a che fare con bimbi nel corpo di un adulto, ma questo non è assolutamente vero, hanno semplicemente tempi diversi di apprendimento, che non sempre differiscono dai normodotati. Una delle difficoltà più grandi da affrontare è la loro metodicità che si scontra parecchio con la quotidianità di tutti noi, spesso hanno la necessità di una routine ben marcata, hanno delle preferenze su colori e posizione degli oggetti che può sembrare esagerata e certe volte è sfinente per gli istruttori, ma con una buona dose di pazienza si riesce sempre a trovare un compromesso. Tutta questa pazienza però e sempre ricompensata da un'attenzione superlativa ai tuoi insegnamenti e soprattutto ad una riconoscenza che difficilmente si percepisce in altre situazioni.

Un aspetto da non sottovalutare è la risposta emotiva agli stimoli esterni e alle situazioni quotidiane, spesso piccoli cambiamenti o situazioni che generano emozioni, per loro sono amplificate tantissimo e portano a reazioni spesso impensabili ma fortemente genuine, si inquietano facilmente e non è sempre facile tranquillizzarli, si emozionano tantissimo e cercano un contatto fisico che li tranquillizzi ma solo se ti hanno accettato nella loro cerchia familiare, prima di quel momento sono schivi e fuggono il contatto. 

Un altro problema che ci si è parato innanzi è stato il metodo di insegnamento, non avendo fatto una formazione dedicata e avendo solo letto degli articoli sull'argomento abbiamo optato per un approccio formale e coincidente con la formazione fatta per diventare istruttori, insomma abbiamo applicato il metodo che già utilizzavamo per i normodotati.

Uno dei punti cardine che abbiamo messo subito in atto è stato quello di fare attività con il resto del gruppo non creando differenze e pretendendo da tutti il rispetto delle regole e dei ritmi di allenamento, in modo tale da permettere una integrazione totale. Da notare che in certe occasioni è stato più difficile far rispettare i ritmi ai normodotati che ai ragazzi disabili, che anzi, una volta comprese, hanno facilmente rispettato le necessarie norme di sicurezza che vengono richieste per poter praticare il tiro con l'arco.

Fare attività con questi ragazzi non è sempre facile, la comprensione di una serie di gesti tecnici da svolgere seguendo una scaletta ben ordinata non è sempre immediata, come ad esempio il mettere in pratica un riscaldamento adeguato. Lo scontro con la difficoltà di coordinare diversi movimenti spesso è demoralizzante ma non per loro, che anzi si impegnano con tutto loro stessi, ma per chi lo insegna in quanto viene difficile comprendere e immedesimarsi nella loro difficoltà. Una cosa da ricordare e che loro sono consapevoli della loro condizione e che certe volte cercano di usarla a loro vantaggio nascondendosi dietro "io ho dei problemi, non puoi chiedermi certe cose, io non ci riesco". Lo spronarli a superare le loro difficoltà, cercando di infondergli la giusta convinzione, aiuta ad uscire da questo copione; ogni volta che riescono a superare un momento di difficoltà li porta sempre più vicino alla consapevolezza di essere atleti.

Un altro punto su cui abbiamo scommesso è l'acquisto e l'utilizzo di attrezzatura personale, l'avere il proprio arco con tutti gli accessori necessari crea una grande consapevolezza di sé e di ciò che si fa (Acquisto fatto a fine corso n.d.r.).

Abbiamo puntato sull'apprendimento della tecnica olimpica perché la necessità di utilizzare il mirino permette agli atleti di avere più riferimenti visivi che possono capire e imparare a controllare.

Purtroppo per il momento questo approccio è ancora poco diffuso nelle associazioni dove si pratica il tiro con l'arco, spesso e volentieri l'attività con questi ragazzi è portata avanti da volontari che poco o niente sanno del tiro con l'arco e quindi lo fanno praticare puramente come attività ludica.

Come detto in precedenza il percorso didattico utilizzato è stato per grandi linee lo stesso che utilizziamo nei corsi ai normodotati, di seguito la scaletta con il riassunto per punti delle varie lezioni:

Piano formativo corso di tiro con l'arco per over 18

Prima lezione

Presentazione attrezzatura, norme di sicurezza, riscaldamento e distretti muscolari

Seconda lezione

Posizionamento sulla linea di tiro; Utilizzo arti inferiori

Terza lezione

Incocco della freccia; Presa della corda

Quarta lezione

Ingaggio e apertura dell'arco; Allineamento arti superiori e Set-up

Quinta lezione

Contatti al viso; Tecniche di mira

Sesta lezione

Prosecuzione dell'azione; Rilascio e follow-through


Piano formativo corso di tiro con l'arco per under 18

Prima lezione

Presentazione attrezzatura, norme di sicurezza, riscaldamento e distretti muscolari

Seconda lezione

Posizionamento sulla linea di tiro; Incocco della freccia; Ingaggio e apertura dell'arco

Terza lezione

Allineamento arti superiori e Set-up; Contatti al viso

Quarta lezione

Tecniche di mira; Prosecuzione dell'azione; Rilascio e follow-through

Le singole lezioni hanno la durata di circa 60 minuti (durata indicativa in quanto ogni atleta è diverso ma si è cercato sempre di non sforare troppo per evitare la perdita di attenzione n.d.r.) a cadenza settimanale, questa necessaria per dare il tempo ai ragazzi di metabolizzare la grande mole di informazioni somministrata durante la lezione.

A fine corso è immancabile una piccola cerimonia in cui si consegna il diploma di PROVETTO ARCIERE.

Da qua in poi la sfida riprende con alti e bassi come per tutti, ma mantenendo sempre l'obbiettivo finale: i ragazzi non devono sentirsi diversi ma bensì atleti e persone che possono sempre ottenere grandi risultati a patto che il loro impegno sia massimo.